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Diseguaglianze sociali

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    Diseguaglianze sociali

    ciao,

    apro questo thread per parlare, tra il serio e lo scanzonato, di uno degli aspetti più evidenti degli ultimi anni, le diseguaglianze sociali in ogni ambito, tra cui naturalmente la ricchezza.

    Secondo il Rapporto Grandi disuguaglianze crescono di Oxfam, la ricchezza detenuta dall’1% della popolazione mondiale supererà nel 2016 quella del restante 99%.

    Una disuguaglianza in continua crescita, visto che la quota di ricchezza nelle mani dell’1% della popolazione del pianeta è aumentata in maniera costante dal 2009 (quando una élite deteneva una quota di ricchezza pari al 44%) al 2014, anno in cui la percentuale è arrivata al 48%. Ritmi di crescita che portano Oxfam a credere che nel 2016 si supererà il 50%.

    Ricchi sempre più ricchi e poveri con sempre meno possibilità. La ricchezza delle 80 persone più facoltose del pianeta, prosegue il report, è inoltre raddoppiata in termini nominali dal 2009 al 2014, mentre quella del 50% più povero lo scorso anno era inferiore a quanto posseduto nel 2009. Un accentramento c’è stato anche rispetto al numero dei super ricchi. Perché se “nel 2010 ci volevano 388 miliardari per raggiungere un volume di ricchezza equivalente a quella della metà più povera del pianeta – si legge nel rapporto – nel 2014 questo numero è drasticamente sceso a soli 80 miliardari”.

    Il documento di analisi fa luce anche sull’identikit dei miliardari del pianeta. Più di un terzo dei 1.645 super ricchi della classifica Forbes ha ereditato parte o tutta la ricchezza che detiene mentre il 20% ha interessi nei settori finanziario e assicurativo. Ed è proprio quest’ultimo gruppo ad aver visto la propria liquidità crescere dell’11% tra il 2013 e il 2014. Il 2013 è stato un anno proficuo anche per i miliardari con interessi nei settori farmaceutico e sanitario che hanno visto il loro patrimonio netto collettivo crescere del 47% in un solo anno.


    Ed è su questa base che vi posto un articolo di oggi de Il Corriere, in occasione del record di longevità di Elisabetta II (Elizabeth Alexandra Mary; Londra, 21 aprile 1926), la regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.

    Un articolo con aneddoti su una donna fancazzista, parassita, straricca senza far nulla, anacronistica...
    eppure amata da milioni di inglesi: controsensi degli esseri umani, che piangono per le ineguaglianze sociali, ma continuano a cantare "God Save the Queen".


    Il segreto di Elisabetta, eterna regina «Non fare e non dire niente»
    Oggi diventa la sovrana dal regno più lungo, battendo il primato di Vittoria. La storica Kate Williams ne svela i dettagli più intimi


    Corriere della sera - 9 settembre 2015






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    #2
    Crisi: in Europa 342 Paperoni hanno patrimonio da 1.340 mld

    Oxfam, in Italia 20% ricchi detiene 61,6% ricchezza Paese

    In Europa ci sono 342 miliardari (con un patrimonio totale di circa 1.340 miliardi di euro) e 123 milioni di persone - quasi un quarto della popolazione - a rischio povertà o esclusione sociale. In Italia il 20% degli italiani più ricchi detiene il 61,6% della ricchezza nazionale netta, mentre il 20% degli italiani più poveri ne detiene appena lo 0,4%. E' questa la fotografia impietosa scattata dal nuovo rapporto sulla diseguaglianza diffuso oggi da Oxfam "Un'Europa per tutti, non per pochi".



















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      #3
      I 342 paperoni, in realtà sono molto di più: sono persone fisiche che con quel capitale, controllano aziende e istituzioni, cioè persone giuridiche per una ricchezza molto maggiore.
      Siamo circa al Breakeven ... l'1% della popolazione, possiede circa quello che possiede il restante 99%.
      A spanne vuol dire che la stragrande maggioranza della popolazione non guadagna abbastanza per quello che le serve e deve ricorrere al debito. (E i prestiti, ovviamente, glie li fa l'1% di cui sopra)

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        #4
        Qualcosina voglio dirla anch'io.....
        Vi invito a riflettere sulla "visione" di Ezra Pound leggendo sulle sue teorie economiche: https://it.wikipedia.org/wiki/Ezra_Pound
        Sono stato spesso affascinato dalla complessità di alcuni uomini tra i quali Pound, resta inteso che non condivido la sua ideologia, ma le sue idee sull'economia e finanza si avvicinano molto al mio pensiero.....
        ciao
        ilgrigio

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          #5
          Originally posted by ilgrigio View Post
          Qualcosina voglio dirla anch'io.....
          Vi invito a riflettere sulla "visione" di Ezra Pound leggendo sulle sue teorie economiche: https://it.wikipedia.org/wiki/Ezra_Pound
          Sono stato spesso affascinato dalla complessità di alcuni uomini tra i quali Pound, resta inteso che non condivido la sua ideologia, ma le sue idee sull'economia e finanza si avvicinano molto al mio pensiero.....
          ciao
          ilgrigio

          aggiungo (oltre alla citazione dovuta di Rudolf Stainer)....

          https://antropocrazia.wordpress.com/


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            #6
            Questa è una rivoluzione, credo sia una critica intelligente ma puramente ideologica, nel senso che non esistono precedenti di questo tipo da poter utilizzare come caso di studio.
            La moneta esclusivamente elettronica la ritengo cmq un rischio e lo guardo con sospetto anche perchè è un obiettivo del mainstream dal quale non è mai arrivato niente di buono per noi
            A me basta tornare al modello economico che avevamo prima che era un modello di piena occupazione ... il resto sono tecnicalities

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              #7
              «Da economista sono convinto che i soldi facciano bene - ha commentato Deaton - e mi fa piacere averlo dimostrato»
              Il prezzo della felicità? Un salario da 5500 euro al mese



              l prezzo della felicità? Un salario da 5500 euro al mese. Lo dice il nobel per l'Economia Angus Deaton. Da uno studio effettuato insieme allo psicologo Daniel Kahneman, è emerso che la felicità dipende anche dal reddito. E il picco si ha con un salario annuo di 75mila dollari, ovvero 5500 euro al mese.
              Lo studio ha considerato due aspetti: la felicità giornaliera - quindi l'umore - e la qualità della vita in generale. Quest'ultima cresce sempre all'aumentare dello stipendio. Mentre l'umore migliora fino alla soglia massima e poi resta costante. Questo dimostra che oltre un certo reddito, si accumula solo 'roba' senza alcun aumento della soddisfazione quotidiana.
              "Da economista sono convinto che i soldi facciano bene - ha commentato Deaton - e mi fa piacere averlo dimostrato". Questo studio, aggiunge, è stato effettuato su un campione di 450mila americani. Ma il risultato può differire da Stato a Stato, se non addirittura da città a città.


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                #8
                Anche meno di 5500

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                  #9
                  Interessanti gli articoli e il video, in quest'ultimo le parole di Bellia mi ricordano il pensiero di Silvano Agosti. Le cose che condivido senza pensarci troppo sono che non siamo in una democrazia, che il sistema capitalistico è ingiusto e non potrà andare avanti per molto nonostante le guerre o i giochi finanziari che si inventano per salvare l'economia...che ogni cittadino deve ambire al diritto allo stare al mondo in modo dignitoso e che il lavoro come è concepito nel sistema capitalistico non è sinonimo di questo.

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                    #10
                    Aumenta il divario tra ricchi e poveri
                    Oxfam, 62 super ricchi possiedono metà della ricchezza mondiale
                    Il rapporto dell'organizzazione umanitaria Oxfam, diffuso alla vigilia del World Economic Forum di Davos, conferma le previsioni elaborate lo scorso anno sul gap tra ricchi e poveri

                    http://www.rainews.it/dl/rainews/art...d9f8706e4.html

                    18 gennaio 2016

                    Appena un anno fa Oxfam aveva lanciato l’allarme sulla concreta possibilità che entro il 2016, l’1% più ricco della popolazione mondiale sarebbe arrivato a detenere una ricchezza maggiore del restante 99%. Una previsione che si è rivelata giusta con un anno di anticipo. A denunciarlo è il nuovo rapporto di Oxfam “Un’economia per l’1%”, diffuso oggi alla vigilia del World Economic Forum di Davos. Un dossier che conferma come la disuguaglianza di ricchezza a livello globale, sia un fenomeno che non accenna ad attenuarsi.

                    62 super-ricchi detengono metà della ricchezza mondiale
                    Se nel 2010 le 388 persone più facoltose del pianeta detenevano la stessa ricchezza della metà più povera del mondo, oggi sono appena 62. E se nulla cambierà, nel 2020 saranno solo in 11. Metà del pianeta, di cui poco meno di 800 milioni di persone intrappolate nella povertà estrema, di fronte a 62 super-ricchi, che, dal 2010 ad oggi, hanno visto incrementare il proprio patrimonio di ben 542 miliardi di dollari. Un quadro che di certo non migliora in termini di disuguaglianza di reddito. Nello stesso periodo – quasi un quarto di secolo – in cui il reddito medio pro-capite del 10% più povero del pianeta è aumentato di appena 3 dollari all’anno, l’amministratore delegato della principale azienda informatica indiana è arrivato a guadagnare 416 volte lo stipendio di un suo impiegato e il 10 per cento circa di lavoratori in Europa rischia ogni giorno di piombare nella trappola della povertà.

                    Numeri ed esempi che da soli danno il senso di uno squilibrio che, sic stantibus rebus, sta divenendo il vero e principale freno per una crescita economica sostenibile ed inclusiva nei paesi ricchi, dove rischia di ridurre ai minimi termini quella classe media in grado di stimolare i consumi; ma soprattutto nei paesi poveri perché, avverte Oxfam: “continuando così sarà impossibile centrare l’obiettivo dell’azzeramento della povertà estrema entro il 2030, così come stabilito lo scorso settembre dai Governi di tutto il mondo all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite”. Cresce il Pil mondiale, ma ne beneficiano in pochi Sebbene il PIL globale sia più che raddoppiato negli ultimi trent’anni, arrivando a 78 mila miliardi di dollari nel 2014, e contribuendo (dal ’90 al 2010) a dimezzare il numero di persone sotto la soglia della povertà estrema, sono in pochi ad averne beneficiato; di fatto l’1% più ricco del mondo ha ricevuto la metà dell’incremento di ricchezza registrato negli ultimi 15 anni su scala globale, mentre solamente un misero 1% è fluito verso la metà più povera del pianeta. In estrema ratio - sottolinea il rapporto di Oxfam- se i progressi degli ultimi trent’anni non fossero stati contraddistinti da tanta iniquità e disuguaglianza, 200 milioni di persone in più sarebbero uscite dal vortice della povertà. Una cifra che sarebbe potuta salire addirittura a 700 milioni, se soltanto le persone più povere del pianeta avessero beneficiato della crescita economica più dei super-ricchi.

                    “Osserviamo ogni giorno le devastanti conseguenze dell’estrema disuguaglianza in molti paesi in cui siamo al lavoro. – spiega la direttrice di Oxfam International, Winnie Byanyima - Per fortuna l’allarme è stato raccolto anche da personalità come il Presidente Obama, Papa Francesco o Christine Lagarde del FMI. E anche per questo motivo le cose stanno cominciando a muoversi, a cambiare. Tutto questo però non basta. Siamo di fronte ad un paradosso inaccettabile, su cui chiederemo con forza ai leader e alle grandi corporation presenti a Davos, di intervenire al più presto per eliminare le cause alla base dell’attuale stato di cose. Partendo dall’obiettivo di mettere fine all’era dei paradisi fiscali che alimentano la grande disuguaglianza, ostacolando la lotta alla povertà.”



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                      #11
                      OXFAM, IN ITALIA DUE TERZI DELLA RICCHEZZA NELLE MANI DEL 20% PIÙ FACOLTOSO

                      L’iniqua distribuzione della ricchezza a livello globale non risparmia infatti anche il Bel Paese con una forbice larga che separa i ricchi dai poveri

                      http://www.rainews.it/dl/rainews/art...efa453858.html

                      19 gennaio 2016

                      Nel 2015 il 20% più ricco della popolazione italiana deteneva il 67,7% della ricchezza nazionale mentre al 60% più povero è rimasto soltanto il 14% della torta. Non sono i numeri di un paese in via di sviluppo, ma della nostra industrializzata e democratica Italia. L’iniqua distribuzione della ricchezza a livello globale non risparmia infatti anche il Bel Paese con una forbice larga che separa i ricchi dai poveri. Il risultato è una situazione paradossale, in cui il 10% più ricco degli italiani possiede quasi otto volte la ricchezza detenuta della metà più povera della popolazione.

                      Numeri che diventano ancora più sconfortanti se si osserva con la lente d’ingrandimento quanto denunciato da Oxfam nel rapporto “Un’economia per l’1%”, diffuso alla vigilia del World Economic Forum di Davos, che inizierà domani. In linea con il trend globale infatti, anche nel nostro Paese l’1% più ricco l’anno scorso deteneva il 23,4% della ricchezza nazionale netta: praticamente, 39 volte quello che si riuscirebbe a ricavare frugando nelle tasche del 20% più povero dei nostri connazionali.

                      Chi ha beneficiato della crescita della ricchezza?
                      Tra il 2000 e il 2015, in valore nominale, la ricchezza complessiva degli italiani è cresciuta di ben 4.528 miliardi di dollari. Ma, come si può facilmente intuire, tutta questa crescita è stata quasi totalmente appannaggio di una piccola percentuale dei cittadini del nostro paese. Oltre la metà dell’incremento di ricchezza (53,7%) è andata infatti al 10% più ricco della popolazione, mentre la metà più povera degli italiani ha dovuto accontentarsi di appena un settimo della cifra. Stesso risultato anche se si guarda all’1% più facoltoso della popolazione, che nel periodo considerato ha potuto beneficiare di un incremento di ricchezza 20 volte superiore a quello riservato al 20% più povero degli italiani.

                      La situazione non cambia se si guarda al reddito
                      Secondo i dati del World Panel Income Distribution Database di Lakner e Milanovic, fra il 1988 e il 2011 infatti, il reddito nazionale pro-capite è cresciuto di 220 miliardi di dollari. Ma, come per la ricchezza netta, anche la crescita del reddito ha riguardato soprattutto la fascia più ricca della popolazione: quasi la metà della crescita (45%) è fluita verso il 20% più facoltoso degli italiani e, più nello specifico, il 10% più ricco ha goduto del 29% dell’incremento complessivo, una percentuale superiore a quanto sia fluito alla metà più povera degli italiani. Un dato che diventa ancor più allarmante, se si considera che il 10% più povero degli italiani ha beneficiato soltanto di un misero 1% dell’incremento di reddito nazionale complessivo: praticamente, 4 dollari a testa ogni anno, negli ultimi ventiquattro anni.

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                        #12

                        ...
                        La vita non è un giro di prova, cogli l’attimo..
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                          #13
                          L'esempio dell'altalena è illuminante, ma da un punto di vista fisico. La "Democrazia" e tutti i suoi derivati, belle parole, enunciazione di buoni propositi e chi più ne ha più ne metta, rappresenta un equilibrio instabile. Se anche si raggiungesse la parità di peso, basterebbe un piccolo, trascurabile spostamento per far precipitare un polo e innalzare l'altro. Forse nella 'città del sole'... fra qualche millennio...

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                            #14
                            molto interessante

                            da http://www.lescienze.it/news/2017/03...miche-3474839/


                            Un modello fisico delle disuguaglianze economiche

                            La diseguale distribuzione della ricchezza è un fenomeno che può essere previsto da un modello fisico che si applica a tutti i flussi di oggetti, materiali e immateriali. Dal punto di vista teorico, infatti, la circolazione del denaro non è diversa dalla circolazione dei veicoli sulle strade o del sangue in vene e arterie. E tutti questi sistemi tendono a riprodurre lo stesso tipo di struttura gerarchica, in cui grandi vie di scambio coesistono con quelle più piccole

                            La forbice delle disuguaglianze tra ricchi e poveri continua ad ampliarsi in molte parti del mondo. Fiumi di inchiostro sono stati spesi per analizzare il problema dal punto di vista economico e politico. Ora sulle pagine del “Journal of Applied Physics” è apparsa una proposta che potrebbe contribuire a spiegare perché non è mai stato risolto, al di là di tutte le considerazioni politiche possibili.

                            Adrian Bejan, professore d'ingegneria meccanica e scienza dei materiali della Duke University ha proposto una spiegazione dell'accumulo di capitale basata su un corpo di leggi della fisica che si applicano in generale a tutti i sistemi in cui un insieme di oggetti – materiali o immateriali, come il denaro – si propagano attraverso una rete di vie di comunicazione.
                            Immagine al microscopio elettronico di capillari arteriosi:
                            la struttura gerarchica della circolazione sanguigna
                            si riproduce con lo stesso schema in tutti i sistemi di flusso
                            (Credit: Science Photo Library / AGF)


                            .


                            Una legge scoperta proprio da Bejan nel 1996 prevede che qualunque sistema di flussi debba evolvere sviluppando una struttura gerarchica. Per esempio, il sistema vascolare si è evoluto per garantire la migliore distribuzione possibile del sangue attraverso alcune grandi arterie che si ramificano in molti piccoli capillari. I fiumi e i capillari dei vegetali mostrano la stessa legge evolutiva.

                            Tutto il movimento, sostiene Bejan, possiede naturalmente una gerarchia. L'infrastruttura dei trasporti su ruota, per esempio, si basa su autostrade, strade statali, strade provinciali e strade locali. La flotta dei veicoli che la usa mostra a sua volta la stessa struttura, con pochi mezzi pesanti che fanno lunghi percorsi e un numero molto maggiore di auto per il trasporto di persone, che si muovono su distanze più limitate.

                            Anche nel regno animale si ritrova la stessa struttura, con specie di grandi dimensioni che comprendono pochi individui che percorrono lunghe distanze, mentre le specie più piccole, con molti esemplari, si muovono su spazi ristretti.

                            “Ora, se il movimento è per sua natura organizzato in modo gerarchico, allora dev'essere così anche per i beni, cioè per la ricchezza”, spiega Bejan.

                            La società umana iniziò da un piccolo gruppo, in cui tutti erano più o meno ugualmente poveri. Via via che si svilupparono più comunità, si costruirono sempre più vie di comunicazione, e i commerci subirono un incremento. Con lo sviluppo economico, iniziarono anche le disuguaglianze economiche, che si espansero sempre di più. Con la globalizzazione, il fenomeno è portato alle estreme conseguenze, e la circolazione dei beni continua creando una disuniformità di ricchezza nella popolazione.

                            Questo però crea grossi problemi sociali e la richiesta di misure correttive. “Via via che crescono le disuguaglianze, la popolazione mondiale richiede un'inversione di tendenza, cioè delle leggi che garantiscano più uguaglianza", aggiunge. “Con i governi rappresentativi più sviluppati questo in parte avviene; ma andando avanti, le disuguaglianze tenderanno sempre a crescere: questo fenomeno risponde a una legge fisica, e non può essere evitato”.
                            La vita non è un giro di prova, cogli l’attimo..
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                              #15
                              Le disparità economiche risalgono al Neolitico

                              Le disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza fra i membri di una società hanno iniziato a diventare rilevanti durante il Neolitico, con l’avvento dell’agricoltura e dell’allevamento. A parità di sviluppo economico, le antiche culture del Nord e Centro America erano però più ugualitarie di quelle del Vecchio Mondo

                              Nella storia dell'umanità, le disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza hanno iniziato ad accentuarsi durante il Neolitico e sono generalmente aumentate con la domesticazione di piante e animali e con la complessità delle strutture sociali. Queste disuguaglianze, inoltre, sono state decisamente più marcate nelle società euroasiatiche che in quelle dell'America settentrionale e centrale. A stabilirlo è lo studio di un gruppo di ricercatori diretto da Timothy A. Kohler della Washington State University a Pullman, negli Stati Uniti, che ne riferiscono su "Nature".



                              Uno dei più antichi insediamenti agricoli nella cosiddetta mezzaluna fertile, nell'attuale Siria, risalente all'8000 a.C. (Cortesia Dr. Alejandro Pérez-Pérez, University of Barcelona)


                              Gli archeologi si interrogano da tempo sulle differenze di accesso alle risorse nelle società più antiche, ma si sono scontrati con la difficoltà di individuare variabili che riflettessero la condizione economica delle famiglie e al tempo stesso permettessero un confronto fra culture ed epoche diverse. (Le offerte collocate nelle tombe, per esempio, non sono un buon parametro, dato che le tumulazioni che possiamo ritrovare oggi erano riservate in genere a persone di stato sociale elevato e non sono rappresentative di tutta la popolazione.)

                              Kohler e colleghi hanno ora mostrato che un parametro relativamente semplice e universale della capacità economica di una famiglia sono le dimensioni delle case all'interno di una comunità. Nelle società in cui gran parte delle persone hanno una posizione economica simile, le abitazioni tendono ad avere le stesse dimensioni. Ma per i gruppi in cui alcuni hanno una ricchezza maggiore di altri, si osserva di solito la coesistenza di case piccole e grandi.



                              Una famiglia delle cultura BaYaka, dell'Africa centrale, ancora oggi prevalentemente dedita alla caccia e raccolta. (Cortesia Gul Deniz Salali)

                              Sulla base dei dati raccolti i ricercatori hanno rilevato una maggiore disparità economica nei siti agricoli rispetto a quelli occupati da cacciatori-raccoglitori o da popolazioni con un'economia "mista" (costituite da piccoli gruppi che integravano piccole colture con le risorse ottenute con la caccia o la pesca), e questa disparità era tanto maggiore quanto più era importante la domesticazione di grandi mammiferi e l'estensione delle coltivazioni agricole. A questo si sovrappone poi il livello di strutturazione e complessità della società, con la creazione di élite politiche.

                              I risultati hanno mostrato che i siti eurasiatici avevano raggiunto livelli di disuguaglianza significativamente più elevati rispetto a quelli nordamericani, anche quando le rispettive economie agricole erano durate per periodi di tempo equivalenti.

                              Per realizzare i confronti i ricercatori hanno adattato un classico strumento socioeconomico, il cosiddetto indice di Gini, sviluppato più di un secolo fa dallo statistico e sociologo italiano Corrado Gini. In teoria, un paese in cui vi è una distribuzione della ricchezza perfettamente equa avrebbe un indice di Gini pari a 0, mentre un paese in cui tutta la ricchezza è concentrata in una sola famiglia avrebbe un indice pari a 1.


                              Terracotte pueblo rinvenute a Pueblo Bonito, nel New Mexico, risalenti a 1000 anni fa circa.

                              I ricercatori hanno scoperto che l'indice di Gini delle società di cacciatori-raccoglitori è tipicamente 0,17, il che segnala una bassa disparità nella distribuzione delle risorse, coerente con l'elevata mobilità che rende difficile l'accumulazione della ricchezza.

                              Nel caso delle antiche economie miste, l'indice sale a 0,27 e cresce ulteriormente - in media a 0,35 - nelle società in cui l'agricoltura predominava nettamente. Questa media nasconde però forte differenze: se nel Nuovo Mondo l'indice difficilmente superava lo 0,3, nel Vecchio Mondo si raggiunge anche un indice pari a 0,59.

                              Per dare un'idea più concreta del significato di questi valori, l'articolo riporta anche alcuni esempi dell'indice di Gini di paesi contemporanei: l'indice di Gini attribuito alla Grecia di oggi è 0,56 e quello della Spagna 0,58 (l'Italia è a 0,59): valori decisamente elevati, ma ancora ben inferiori a quelli attribuibili alla Cina (0,73) e agli Stati Uniti (0,80).
                              La vita non è un giro di prova, cogli l’attimo..
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